Quest’ultimo anno ci ha messo davanti al più grande esperimento di gestione del cambiamento della storia recente, costringendoci a rinunciare improvvisamente a cose che davamo per scontate ogni giorno.
L’impossibilità di recarsi fisicamente al lavoro è sicuramente una di queste e l’avvento dello Smart Working ha evidenziato ben presto la necessità di adottare comportamenti e modi di organizzare le attività totalmente differenti da quelli tradizionali.
Vi siete mai chiesti quanto il nostro comportamento sia intenzionale e quanto, invece, dipenda dalle abitudini?
Secondo un celebre studio della Duke University, oltre il 40% di quello che facciamo in una giornata tipo è frutto di abitudini. Le abitudini sono comportamenti che iniziano come scelte intenzionali e ponderate e che, progressivamente, si trasformano in azioni automatiche e modi di fare a cui si smette di pensare.
L’arrivo del Covid-19 ha però obbligato tutti a mettere in discussione la propria quotidianità, abitudini comprese.
Da un lato questo può averci destabilizzati. È ormai noto, ad esempio, che quando si lavora da casa – senza i tradizionali confini di spazio e tempo connessi alle routine dell’ufficio – rischia di verificarsi quello che possiamo definire un “effetto gas”: il tempo del lavoro tende a riempire tutto lo spazio disponibile, proprio come un gas occupa tutto il volume a sua disposizione. Confusione, sovraccarico, percezione di non riuscire a “staccare la spina” sono sensazioni tipiche di questa destabilizzazione dei nostri schemi.
Dall’altro lato, tuttavia, la rottura repentina delle abitudini consolidate può rappresentare una grande opportunità di pensare, instaurare e consolidare routine nuove, migliori, che facilitino il raggiungimento dei nostri obiettivi e promuovano il benessere in tempi così difficili.
Per capire come costruire nuove buone abitudini, la prima cosa da fare è chiedersi come nasce e si rinforza un’abitudine.
Lo schema è questo:
- In una situazione nuova, la formazione di un’abitudine inizia con l’identificazione di un segnale. Qualsiasi cosa può costituire un segnale: un evento, un luogo, un’emozione, un’altra abitudine già esistente… Ad esempio, il momento del rientro a casa dall’ufficio è un tipico segnale per la mente di “cambiare modalità”.
- A questo segnale si reagisce mettendo in atto una routine, cioè il comportamento che diventerà, con il tempo, l’abitudine. Sempre nel nostro esempio, il segnale del rientro a casa fa scattare comportamenti abitudinari: cambiarsi, fare due chiacchiere, coccolare il gatto…
- A seguito della ruotine arriva la gratificazione, la quale può assumere diverse forme: una sensazione fisica, un appagamento emotivo o semplicemente il piacere di aver fatto qualcosa La sensazione di relax, il sollievo dallo stress, il pensiero “per oggi ho finito” sono tutte tipiche gratificazioni che rinforzano l’associazione tra segnale e routine, nel nostro esempio.
Man mano che questo ciclo si ripete le abitudini si consolidano nella mente, fino al punto in cui, alla sola vista del segnale, una scarica anticiperà la sensazione di gratificazione, facendoci sorgere il desiderio o il bisogno di mettere in atto la nostra routine. Pensiamo, ad esempio, ai fumatori: spesso il bisogno di accendere una sigaretta scatta in concomitanza con segnali tipici, come bere il caffè dopo pranzo, fare una pausa o sentirsi semplicemente stressati.
Il punto è che lo Smart Working ha stravolto completamente il nostro sistema di segnali ed è per questo che il semplice fatto che non ci sia un cambio di ambiente fisico quando si lavora da casa può portare facilmente al rischio che a risentirne possa essere la vita privata.
Come costruire nuove e buone abitudini da usare in Smart Working?
Costruire una nuova abitudine non è difficile, ma richiede di seguire un metodo per far sì che si inneschi il circolo di rinforzo di cui abbiamo parlato poco sopra.
Per fare un esempio, immaginiamo di voler migliorare la nostra capacità di pianificare la giornata lavorativa, abituandoci a fare una programmazione quotidiana delle attività.
Innanzitutto, è necessario identificare un segnale che sia semplice e chiaro. Un momento specifico della giornata, un’azione che compiamo, il luogo in cui ci sistemiamo per lavorare. Ad esempio, l’atto di sedersi alla scrivania e accendere il computer può essere un buon indizio da utilizzare.
A questo punto occorre definire in maniera precisa la routine che vogliamo instaurare, rispondendo alle domande: “cosa voglio fare?” “come voglio farlo?” “quando voglio farlo?”.
Nel nostro caso, potremmo dire che la mattina, non appena acceso il computer, vogliamo scrivere una to-do list della giornata, classificando ogni attività per importanza e urgenza e stabilendo l’ordine delle priorità prima di iniziare.
Il terzo tassello è quello di associare al completamento della routine una gratificazione: è importante scegliere attentamente un “piacere” da concedersi solo una volta che la routine sarà completata. Ad esempio, per chi è amante del caffè, una tazza fumante da prepararsi una volta terminata la to-do list rappresenterà una buona soluzione.
Una tecnica utile da mettere in pratica per associare una gratificazione alla nostra routine può essere quella del temptation bundling. Consiste nel fare insieme tra loro una cosa “da fare” (la routine) e una che invece è “piacevole fare” (la gratificazione). Nel nostro caso, si potrebbe quindi bere il caffè mentre si pianifica la propria giornata.
Per avviare il circolo (virtuoso, in questo caso!) manca solo un elemento: creare la cosiddetta “anticipazione della gratificazione”. Se quindi la gratificazione per aver pianificato bene la giornata è bersi il meritato caffè, ogni mattina, mentre il computer si avvia, è bene dedicare qualche istante per pensare all’aroma del caffè, al suo profumo e a come ci sentiremo carichi una volta che avrà fatto effetto. Questo esercizio di immaginazione aiuta il cervello ad associare sempre di più la gratificazione al suo segnale e – quindi – all’abitudine comportamentale che vogliamo consolidare.
Le abitudini disfunzionali
Talvolta però ci troviamo davanti ad abitudini che si rivelano disfunzionali. Cosa fare in questo caso?
È importante sapere che le abitudini non possono essere cancellate, ma soltanto sostituite da altre abitudini.
Immaginiamo, ad esempio, che quando lavoriamo da casa abbiamo spesso la tendenza ad alzarci dalla scrivania e rovistare nella dispensa, alla ricerca di qualche dolcetto.
Per prima cosa è necessario descrivere chiaramente la routine, ovvero il comportamento da sostituire. In questo caso: “alzarsi dalla scrivania e andare a mangiare un cioccolatino in cucina”.
Poi occorre identificare con precisione il segnale che la innesca.
Per farlo, quando si presenta lo stimolo che ci induce a mettere in atto il comportamento di cui vogliamo liberarci (alzarci e andare a mangiare un cioccolatino) ci si può annotare il luogo, il momento della giornata o lo stato d’animo che viviamo in quel momento. Ripetendo questo esercizio per 3 o 4 volte sarà possibile trovare delle regolarità: ad esempio la “cattiva abitudine” potrebbe essere associata a momenti in cui siamo impegnati in attività noiose o ripetitive, che preferiremmo di gran lunga non fare.
A questo punto è necessario capire qual è il bisogno che l’abitudine disfunzionale va a soddisfare, ovvero qual è la gratificazione che la mantiene attiva. Lo si può fare, per prove ed errori, sperimentando routine diverse ogni volta che compare il segnale.
Ad esempio, la volta successiva che notiamo il segnale “mi sento annoiato e poco motivato”, potremmo alzarci, andare in cucina e bere un bicchiere d’acqua. La volta successiva potremmo, invece, alzarci e fare due passi, magari uscendo un attimo di casa. O, ancora, potremmo decidere di mangiare un frutto.
Quello che è importante è che, dopo ogni “nuova” sperimentazione, ci interroghiamo rispetto a come ci sentiamo. Se la sensazione provata è positiva e di “appagamento”, allora abbiamo scoperto una nuova e migliore abitudine in grado di sostituire la precedente in modo efficace.
Non resta dunque che completare l’ultimo passaggio per chiudere il cerchio: associare il segnale e la nuova routine, anticipando ogni volta il senso di gratificazione che proveremo e che stavolta sarà doppio: sia per la sensazione piacevole del fare due passi o del mangiare un frutto fresco, sia per l’orgoglio di aver evitato una volta in più una cattiva abitudine.
In sintesi: le abitudini possono essere le nostre migliori alleate o le nostre peggiori nemiche.
Conoscere il meccanismo con cui agiscono e si consolidano è il passo fondamentale per volgerle a nostro favore e costruirne di più… SMART!
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