Viviamo in un momento di continua trasformazione, ma nonostante questo circa il 70% dei cambiamenti in azienda falliscono. Ciò significa che, due volte su tre, l’introduzione di un nuovo gestionale, di una nuova procedura, di un nuovo modello di business, o altri cambiamenti non ottengono risultati soddisfacenti.

Da recenti studi, le cause principali di questi fallimenti risultano essere due:

  • la resistenza delle persone
  • stili manageriali non adeguati e non idonei per un modello di cambiamento

Per ridurre gli effetti negativi di questi “nemici” del cambiamento è necessario conoscere bene i meccanismi che stanno alla base del cambiamento stesso e delle nostre reazioni ad esso.

Da dove partire per scardinare le resistenze e cambiare

La resistenza al cambiamento è naturale! Questo perché il nostro cervello è abile nel creare routine, ossia schemi che possiamo ripetere in maniera automatica con poco spreco di energie. Uscire da questi schemi implica un importante sforzo per il nostro cervello, che immediatamente prova a resistere per mantenere vivo ciò che conosce e non abbandonarsi all’ignoto.

Per comprendere quali siano gli elementi che aiutano ad accogliere il cambiamento è utile partire da due parti molto importanti del cervello: Amigdala e Ippocampo

L’amigdala è quella parte del cervello che ci permette di provare emozioni. Gioca un ruolo fondamentale nella memoria, aiutando l’ippocampo a trasferire gli stimoli a maggiore impatto emotivo nella memoria a lungo termine.

L’ippocampo è, invece, la parte del cervello che interagisce con la “memoria di lavoro”, spostando gli stimoli che riceviamo nella memoria a lungo termine e, quindi, generando apprendimento. Per l’ippocampo è più facile apprendere stimoli curiosi e, naturalmente, gli stimoli emotivi.

Supportare il cambiamento significa quindi facilitare il lavoro di Amigdala e Ippocampo, al fine di rompere vecchi schemi e generare nuovi apprendimenti.

Cambiamento in pratica: le 3 caratteristiche chiave

Partendo dagli elementi biologici responsabili delle nostre reazioni al cambiamento, 3 sono le caratteristiche intrinseche dei cambiamenti che suggeriscono come gestire nuove sfide.

1. Il cambiamento è un processo ciclico. Oggi più che mai non c’è possibilità di avere la certezza su come andranno le cose. Diventa fondamentale lasciare spazio alla sperimentazione e all’errore. Il motto di fronte a nuove sfide non può più essere Caricare, Puntare, Fuoco! ma deve diventare Caricare (ingaggiare e motivare rispetto al cambiamento), Fuoco! (sperimentare il cambiamento), Puntare (aggiustare la direzione in base a quello che si è imparato). Rinunciare all’illusione del controllo e della perfezione del risultato diventa così essenziale. Il controllo deve trasformarsi in motivazione e la perfezione deve trasformarsi in sperimentazione.

2. Il cambiamento non è un processo solo razionale. I dati sono utili ma non bastano. Ogni volta che chiediamo di uscire da uno schema la persona può provare ansia, paura o giudizio. Per affrontare queste emozioni è utile partire prendendo consapevolezza in prima persona delle proprie emozioni rispetto al cambiamento, rispondendo alla domanda “Cosa trovo di positivo in questo cambiamento?”. Provare emozioni positive aiuterà a trasmettere un’apertura al cambiamento. Inoltre, è bene ricordare che il solo parlare delle emozioni spiacevoli aiuta a renderle meno spaventose. Un primo passo è chiedere ai propri collaboratori, in maniera trasparente, di condividere quali emozioni provano pensando al cambiamento.

3. I sistemi supportano il cambiamento non lo creano. I sistemi non possono essere la risposta ma possono aiutare a vivere il cambiamento. Sperimentare aiuterà a sostituire i vecchi schemi con schemi nuovi e l’ignoto diventerà conosciuto. Naturalmente la sperimentazione può portare a commettere errori. Per il manager diventa fondamentale “metterci la faccia”, anche a costo di mostrare le proprie debolezze. Accettare che nessuno ha tutte le risposte e mostrarsi vulnerabili facilita il rapporto di fiducia capo-collaboratore.

In sintesi: Trovare resistenze ai processi di cambiamento è del tutto naturale, anzi ha addirittura sottostanti biologico/evolutivi!

Compito di ogni manager è quello di prenderne consapevolezza e orientare la macchina organizzativa verso un agire che consideri anche la parte emotiva e il mindset di ogni persona coinvolta.

 

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