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Come definire gli obiettivi e monitorare i risultati del proprio team in Smart Working?

Lo Smart Working ha rivoluzionato il modo di lavorare e richiede di rivedere le logiche di pianificazione e monitoraggio degli obiettivi fino ad ora utilizzate.

Ora più che mai ai Manager viene chiesto di ripensare la gestione del team spostando il focus dalle attività agli obiettivi, dal controllo dei comportamenti al monitoraggio dei risultati chiave. Risulta importante una sempre più attenta schedulazione dei momenti di confronto con il proprio team e con i propri collaboratori.

Dal lavoro per compiti al lavoro per obiettivi SMART

Il primo passo da compiere per un Manager per la corretta gestione del proprio team è passare da un approccio basato sui compiti a un approccio basato sugli obiettivi. Facciamo chiarezza rispetto a questi due approcci:

  • L’approccio per compiti attiene alla cultura burocratica, persegue l’efficienza, presuppone un pensiero analitico – reattivo, richiede e sviluppa esecutività
  • L’approccio per obiettivi attiene alla cultura manageriale, persegue l’efficacia, presuppone un pensiero globale-proattivo, richiede e sviluppa responsabilità.

Questo passaggio si traduce da parte del Manager in un atteggiamento di maggiore delega e fiducia nei confronti dei propri collaboratori. Il cambio di approccio è sicuramente il primo passo da compiere ma non l’unico, infatti, è necessario che gli obiettivi siano SMART.

Cosa significa obiettivo SMART?

  • SPECIFICO
  • MISURABILE
  • ATTUABILE
  • RILEVANTE
  • TEMPORIZZATO

Come assicurarsi che gli obiettivi siano realmente SMART a livello pratico? Ecco la prova del 9 per la verifica: un obiettivo è considerato SMART se il Manager è in grado di rispondere in maniera puntuale alle seguenti domande:

  1. “Qual è il primo passo che posso compiere io o il mio team da subito per raggiungere l’obiettivo?”
  2. “Come farò a capire se e quando l’obiettivo verrà raggiunto?”
  3. “Quanto si sente impegnato il mio team sull’obiettivo da 0 a 10?”

 

Dall’obiettivo SMART ai risultati chiave (OKR)

Una volta che il Manager ha definito l’obiettivo SMART per il proprio team per il prossimo trimestre/semestre, è necessario declinare l’obiettivo SMART in risultati chiave.

A tal fine, ci si può avvalere del modello OKR (Obiettivi e Risultati Chiave), metodologia organizzativa per definire le priorità e concordare con il team le metriche:

  • Obiettivo inteso come la DIREZIONE, il cosa deve essere raggiunto. Un obiettivo deve essere significativo, concreto, orientato all’azione e motivante.
  • Risultato chiave definito il come si arriva all’obiettivo. I risultati chiave devono essere specifici, misurabili, limitati nel tempo, realistici, verificabili.

Ricordiamo che Meno è più, pochi obiettivi estremamente ben scelti. Troppi obiettivi, infatti, possono rendere meno precisa la focalizzazione su ciò che conta. In questo modo si dà al proprio team una “bussola” e un sistema di riferimento per il monitoraggio.

Ora risulta facile intuire quali siano i benefici legati a questa metodologia organizzativa. Innanzitutto, permette di focalizzare l’impegno sulle priorità e di rispettare le scadenze; inoltre, stimola maggiore coinvolgimento del proprio team e favorisce il feedback.

Quali RISULTATI CHIAVE attribuire ai propri COLLABORATORI per perseguire il risultato atteso nei prossimi mesi? È questa la domanda che un Manager deve porsi quando vuole tradurre gli obiettivi in risultati chiave. In alcuni casi, in base alla maturità professionale del collaboratore, è possibile CO-COSTRUIRE i risultati chiave.

In sintesi: Una volta individuati gli obiettivi per il proprio team, focalizzando le priorità, è importante per il Manager tradurre gli obiettivi in risultati chiave da delegare ai collaboratori, i quali possono decidere in autonomia quali attività fare per realizzarli.         

                                    

Comunicazione e condivisione di obiettivi e risultati chiave

Con lo Smart Working i principi per una corretta comunicazione e gestione del team non sono cambiati, tuttavia molti pensano che le nuove modalità di lavoro abbiano impoverito la comunicazione e le relazioni.  In effetti, le modalità di lavoro smart rendono più evidenti gli effetti di una comunicazione carente verso i collaboratori. Il lavoro a distanza richiede da parte del Manager una maggiore attenzione al come comunicare e richiede un’attenta e strutturata pianificazione dei momenti di scambio con il proprio team e con i singoli collaboratori.

Cosa fare? Comunicare e condividere gli obiettivi e i risultati chiave sia a livello di team sia a livello individuale.

Pianificare momenti di allineamento con il proprio team e con i collaboratori è necessario per verificare che si stia andando tutti nella stessa direzione e che si sia focalizzati sulle medesime priorità. L’interrogativo che deve guidare i Manager, soprattutto adesso che ci si vede meno e si comunica a distanza, è: anche i miei collaboratori hanno chiari gli obiettivi del nostro team?

Come rendere efficaci i momenti di allineamento e confronto?

Ecco alcune buone pratiche per la comunicazione degli obiettivi a livello di team:

  1. Incontri di condivisione. Organizzare sia una riunione iniziale di condivisione degli obiettivi, sia riunioni settimanali di condivisione e avanzamento (1 ora/ 1 ora e mezzo circa). È importante fare una schedulazione di lungo periodo degli incontri, in modo da facilitare l’organizzazione di tutti.
  2. Strumenti. Individuare un canale adatto a questi momenti di condivisione e avanzamento (ad esempio la piattaforma in uso in azienda) e creare un canale dedicato per il repository, così che tutti possano avere i materiali e le informazioni necessarie.
  3. Modalità. Stimolare alcune buone pratiche comportamentali da adottare durante gli incontri: tenere la telecamera accesa, avere un comportamento partecipativo e proattivo.

Il passo successivo per il Manager è condividere con i collaboratori i risultati chiave, mediante incontri individuali. In base alla maturità professionale del collaboratore, il Manager può valutare se co-costruire i risultati chiave o se assegnarli. In una prima fase di implementazione degli OKR, per «rodare» la metodologia si suggerisce di ipotizzare prima dell’incontro di condivisione i risultati chiave, in modo da essere pronti nel momento di discussione/negoziazione con il collaboratore.

Ecco alcune buone pratiche per la comunicazione dei risultati chiave a livello individuale:

  1. Fissare un incontro individuale, anche in modalità virtuale, per concordare/condividere i risultati chiave con il proprio collaboratore.
  2. Chiedere al collaboratore di identificare le azioni/attività che intende mettere in pratica per realizzare i risultati chiave concordati, accompagnando il collaboratore nella costruzione del «piano di azione»
  3. Chiarire che il monitoraggio avverrà sui risultati chiave e non sulle singole attività. Schedulare a tal fine incontri di monitoraggio frequenti e costanti nel tempo per evitare slittamenti e poter intraprendere eventuali azioni correttive.

Monitoraggio dei risultati chiave

“Le persone hanno un forte desiderio di sapere che progressi stanno facendo” è proprio da questa considerazione attinta dal testo di John Doerr “OKR” che affrontiamo l’ultimo step per il Manager: il feedback di monitoraggio individuale. Facciamo chiarezza rispetto al significato di monitoraggio, spesso confuso con controllo:

  • Il monitoraggio non entra nel merito dell’azione ma si basa sull’avanzamento rispetto ai risultati chiave
  • Il monitoraggio implica una relazione simmetrica nella quale gli interlocutori condividono punti di attenzione e buone pratiche per raggiungere un obiettivo
  • Dal monitoraggio si può partire per definire, insieme al collaboratore, le modalità migliori per realizzare i risultati

In quest’ottica i momenti di monitoraggio spostano il focus dall’osservazione del comportamento (spesso non possibile nel lavoro smart) al monitoraggio dei risultati. Il feedback diventa un momento di allineamento reciproco, nel quale si cerca di capire come sta procedendo il lavoro, se ci sono difficoltà e fa riflettere il collaboratore sui comportamenti agiti per raggiungere i risultati chiave. Con lo Smart Working, questi momenti diventano sempre più preziosi, sia per i collaboratori che per i Manager.

In sintesi, il Manager definisce gli obiettivi che focalizzano le priorità, traduce gli obiettivi in risultati chiave da concordare e delegare ai collaboratori, i quali decidono quali attività fare per realizzarli.

In questo modo, il Manager evita il micro-management e i collaboratori aumentano autonomia e responsabilizzazione … la sfida per il Manager è l’equilibrio tra allineamento e autonomia!

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Smart Attitude For Working Smart

L’emergenza sanitaria ha costretto le organizzazioni ad accelerare o, spesso, a istituire da zero l’implementazione del lavoro smart. Tuttavia, data la repentinità dell’adozione delle misure precauzionali, molte aziende hanno riscontrato rilevanti difficoltà nel riuscire a godere dei vantaggi che questo nuovo modo di lavorare offre sia alle persone sia al business. Per non disperdere le energie e apprendere dall’esperienza vissuta su cosa possiamo investire?

La nostra risposta è sviluppare la Smart Attitude

Che cos’è la Smart Attitude?

Nell’articolo Smart working: soltanto una questione digital? avevamo già messo in evidenza quanto le competenze trasversali, in combinazione a quelle digitali, siano necessarie per mettere a frutto le opportunità che le risorse tecnologiche offrono. Per Smart Attitude si intende l’insieme di competenze e attitudini che permettono alle persone di essere coinvolte nel processo di cambiamento, sviluppando consapevolezza sulle aree di sviluppo su cui lavorare per costituire una modalità di lavoro smart che sia confacente alle esigenze delle persone e dell’organizzazione stessa.

Come fare a evolvere la nostra organizzazione rispetto allo Smart Working? Puntando sulle risorse delle persone.

Per farlo è prima di tutto necessario mapparle attraverso un assessment che rilevi le competenze in ambito di:

  • Digital skills & behaviours, ovvero competenze in ambito digitale;
  • Change attitude, ovvero l’attitudine al cambiamento e la propensione a esserne promotori;
  • Innovation & Entrepreneurship, ovvero competenze e attitudini in termini di innovazione e proattività;
  • Social agility, ovvero abilità nel leggere le relazioni con gli altri come risorse per lo sviluppo continuo;
  • Task management, ovvero la percezione di essere in grado di utilizzare appieno le risorse tecnologiche messe a disposizione.

Una volta mappate le risorse possedute dalle persone, è necessario sviluppare le competenze chiave per coltivare la propria Smart Attitude e contribuire attivamente alla trasformazione del lavoro in azienda. Tali competenze sono:

  • Orientamento agli obiettivi: lavorare in smart working vuol dire lavorare per obiettivi, traguardi da raggiungere;
  • Fiducia: su cui costruire non solo le relazioni capo-collaboratore ma anche quelle fra colleghi;
  • Organizzazione e pianificazione: essere in grado di gestire le attività funzionali al raggiungimento degli obiettivi prefissati;
  • Comunicazione: intesa sia come fluidità dei flussi informativi sia come efficacia nel dare e richiedere feedback.

Possedere Smart Attitude vuol dire anche conoscere e saper adottare gli strumenti che facilitano la trasposizione dei processi lavorativi nella modalità agile.

Infatti, progettare il lavoro smart con l’intento di traslare i medesimi processi e le medesime dinamiche dal canale offline a quello online segnerebbe un implicito fallimento nel raggiungere lo scopo data la profonda differenza che c’è fra le due modalità. Pertanto, risulta necessario riformulare la concezione del lavoro in termini di autonomia e flessibilità nella gestione del lavoro, che non può prescindere da relazioni di fiducia e trasparenza tra colleghi.

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Il Digital Assessment Center: l’esperienza di Servizi Italia

A prescindere da quale sia la sua finalità, l’Assessment Center rappresenta uno strumento valido e trasversale ampiamente utilizzato nei contesti organizzativi in fase di selezione (interna o esterna), di sviluppo, di riorganizzazione, ecc.

Il Digital Assessment Center di SCS

La riflessione legata a come far evolvere l’Assessment Center in una chiave più smart e digitale è attualissima.

Nella nostra visione, da un lato c’è la necessità di far sì che le prove di assessment siano “al passo con i tempi”, coerenti con il new way of working e capaci di rendere l’assessment un’experience stimolante e di crescita per il partecipante. Abbiamo, quindi, costruito prove che siano intuitive, flessibili, veloci nella compilazione, online, a distanza. D’altro canto, vi è la prudenza di mantenere solido l’impianto metodologico, che è quello su cui si fonda la validità del Digital Assessment Center.

Il team di assessor di SCS già da tempo ha ragionato per delineare e costruire il proprio modello di Digital Assessment Center. Si tratta di un modello in cui l’Assessment Center diviene smart e digitale, pur non perdendo gli elementi di metodo che reputiamo indispensabili:

  • la flessibilità e la ricchezza di prove e metodologie;
  • porre al centro le persone (e non lo strumento), permettendo a ciascun partecipante di esprimere le proprie singolarità;
  • il ruolo dell’assessor: fondamentale e che fa la differenza rispetto agli assessment digitali e totalmente automatizzati.

Ne parliamo anche in questo articolo.

Una delle occasioni in cui abbiamo sperimentato il Digital Assessment Center è stato nel progetto di Servizi Italia, azienda da anni leader nel settore dei servizi integrati in ambito sanitario. L’impianto di Digital Assessment Center di SCS ha permesso lo svolgimento delle attività di assessment nonostante l’emergenza sanitaria. L’emergenza Covid ha rappresentato per Servizi Italia, non solo un cambiamento nel modo di lavorare ma anche un improvviso, straordinario e inedito picco di lavoro per poter supportare le strutture sanitarie, proprie clienti.

Come lo abbiamo fatto?

Per sostenerne l’impianto metodologico e la validità della valutazione, abbiamo articolato il percorso di Digital Assessment Center in molteplici momenti. In sostituzione della giornata in presenza, tanti “tasselli”: più brevi, smart e digitali.

Le persone di Servizi Italia sono state protagoniste e responsabilizzate rispetto al proprio percorso di Digital Assessement Center. La pianificazione delle attività è stata fatta con i partecipanti. Le persone hanno potuto scegliere gli slot e modificarli in maniera flessibile in caso di sopraggiunte esigenze, integrandoli con le quotidiane attività lavorative.

Test self-report

Test di personalità e test motivazionali sono stati compilati a distanza attraverso piattaforme integrate, intuitive e immediate in modo da garantire una migliore user experience. Una presentazione dei test, delle loro finalità e le indicazioni puntuali per la compilazione, hanno permesso ai partecipanti di svolgere in autonomia queste attività.

Elevator pitch

Una prova individuale è stata quella dell’elevator pitch. All’interno del Digital Assessment, l’elevator pitch permette di porre il focus non solo sul contenuto della prova ma anche sullo strumento tecnologico attraverso il quale veicolare la comunicazione. In questo momento, più che mai, comunicare attraverso i canali digitali diviene un fattore critico di successo delle proprie attività lavorative.

Prove di gruppo…a distanza? Sì

Questo è sicuramente l’elemento più innovativo che abbiamo inserito nel Digital Assessment Center, in quanto uno degli strumenti più potenti della valutazione: l’osservazione diretta dei comportamenti. Abbiamo ripensato le prove di gruppo per renderle efficaci, coerenti con il framework di riferimento, integrate rispetto alle funzionalità della piattaforma e coinvolgenti. Di seguito alcuni degli elementi di micro-progettazione

  • Abbiamo ridotto del numero di partecipanti in ciascuna sessione plenaria;
  • Tra le tante piattaforme che utilizziamo, abbiamo individuato quella che fosse in grado di permettere la migliore visualizzazione, permettere una fluida interazione dei partecipanti, proporre una serie di funzionalità che garantissero il corretto svolgimento delle prove. L’obiettivo è stato duplice: facilitare l’interazione del partecipante e garantire un elevato standard metodologico;
  • Abbiamo ripensato le prove di gruppo, le relative istruzioni e le “regole del gioco”: cambia il framework di riferimento e quindi anche i fattori da considerare. Abbiamo costruito prove che creino un elevato coinvolgimento per attivare sin da subito confronto e discussione tra i partecipanti, tanto da superare l’impasse per non essere fisicamente intorno a un tavolo.
Prove sincrone

Si tratta di un tassello proprio del Digital Assessment Center. La sessione di prove sincrone ha permesso la compilazione di prove di conoscenza in una tempistica ben definita, contemporaneamente, tutti collegati in piattaforma, evitando l’effetto “passaparola”.

In questo caso è stata scelta una piattaforma che permettesse di:

  • prevedere un orario di “apertura” e di “chiusura” degli accessi;
  • monitorare degli accessi;
  • monitorare le tempistiche di compilazione.
Colloquio individuale

Il colloquio individuale di approfondimento si è composto di un’intervista semi-strutturata per indagare le competenze definite in fase di progettazione e un role play. La durata è stata di 90 minuti ed è stato il momento per recuperare la dimensione relazione con l’assessor. Il role play è stato costruito facendo riferimento alla tematica della gestione del feedback a distanza, attualissima con il new way of working che ci vede protagonisti.

Colloquio di feedback

A distanza di qualche settimana abbiamo svolto i colloqui di feedback, della durata di un’ora. Il partecipante ha potuto riflettere con l’assessor sui principali elementi emersi dall’intero percorso di assessment.

Il Digital Assessment Center sostituirà l’assessment tradizionale?

Noi crediamo che il Digital Assessment Center possa porsi come valida alternativa all’assessment center tradizionale e, in molte situazioni, possa collimare meglio con le esigenze del cliente in termini di:

  • competenze da valutare;
  • gestione delle attività;
  • cultura del new way of working che si vuole promuovere.
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Quando la digitalizzazione incontra il Group Coaching

Che sia dovuto a un momento di “distanziamento” forzato come quello vissuto con l’emergenza Covid-19, o che sia una scelta presa in partenza, il Digital Group Coaching è una valida metodologia per lo sviluppo di competenze. Quindi, una forma di group coaching che impiega l’uso di tecnologie digitali.

Rispetto alla formazione tradizionale, il Group Coaching è un percorso di sviluppo composto da incontri periodici. Si rivolge a piccoli gruppi di partecipanti; così i cochee divengono veri e propri protagonisti del proprio sviluppo. Il coach è un facilitatore dell’apprendimento: non ha come “missione” principale quella di veicolare contenuti bensì quella di facilitarne l’elaborazione e la sperimentazione da parte delle persone.

Group Coaching è riflessione, pensiero, condivisione, sperimentazione. E come diceva Kurt Lewin, psicologo pioniere nel campo della psicologia sociale, il gruppo è qualcosa di più della semplice somma degli individui da cui è composto! Da qui la ricchezza di un percorso di group coaching. Questa metodologia conferma il suo valore anche quando la modalità di realizzazione scelta è quella digitale, attraverso incontri in piccolo gruppo su Teams o altri canali analoghi.

Un’esperienza di successo

Gruppo Montenegro si è affidato a noi per sviluppare competenze di Project management, Pianificazione e Organizzazione e la modalità definita è stata proprio quella del Group Coaching declinata in versione digitale.

Attraverso una survey iniziale è stato possibile attivare una riflessione in termini auto-valutativi su tali competenze e, al contempo, raccogliere informazioni utili sul fabbisogno. In questo modo sono stati definiti percorsi modulati in base alle esigenze specifiche.

Ciascun percorso ha visto l’alternanza di pre-work mirati e incontri di condivisione. Per facilitare lo sviluppo di competenze di Project Management, i pre-work possono consistere in pillole formative e strumenti da sperimentare nella propria quotidianità. Oppure anche articoli e video di approfondimento. Tutti gli stimoli fungono da “warm up” rispetto agli incontri dei gruppi. L’obiettivo è quello di favorire la riflessione individuale rispetto a modalità di lavoro, a best e worst practices nella pianificazione delle attività e a esperienze di successo e lesson learned dei progetti gestiti.

Il vero valore della condivisione emerge durante gli incontri di Digital Group Coaching: la distanza fisica non limita la ricchezza delle riflessioni condivise e l’esperienza di apprendimento nel suo complesso.

I fattori chiave per un Digital Group Coaching efficace

Seppur il livello di competenze digitali sia un elemento da tenere in considerazione in avvio di un percorso di Digital Group Coaching, altri fattori risultano ancor più importanti:

  1. Ingaggio. Avere dei partecipanti ingaggiati è fondamentale in qualsiasi percorso di sviluppo e risulta davvero una conditio sine qua non in un Digital Group Coaching, percorso che fonda la propria efficacia proprio sul ruolo attivo dei coachee. Per favorire il commitment, una prima mossa può essere quella di realizzare un incontro di kick-off, utile a chiarire il senso del percorso proposto, gli obiettivi e le modalità di svolgimento.
  2. Sponsorship. Una sponsorship aziendale forte, che veicoli obiettivi e aspettative aziendali, risulta un supporto essenziale affinché sia chiaro a tutti in che modo il progetto si inscrive nelle più ampie strategie aziendali.
  3. Responsabilizzazione, un fattore strettamente legato ai primi due. Occorre che i partecipanti siano responsabilizzati verso l’obiettivo di sviluppo e motivati a rendersi protagonisti responsabili dello sviluppo di tutto il gruppo. Senza il contributo dei singoli, senza condivisione di riflessioni ed esperienze, il Digital Group Coaching perde in efficacia.

Altri elementi da non trascurare sono la composizione di gruppi non eccessivamente numerosi, per favorire l’interazione e la co-costruzione degli apprendimenti, e la varietà e l’applicabilità degli stimoli forniti nei pre-work.

In conclusione

Il Digital Group Coaching si configura come un percorso “anytime, anywhere”, a 360°, di accompagnamento all’apprendimento, o – meglio – allo sviluppo di capacità e competenze in un gruppo. Le tecnologie digitali rendono possibile tutto ciò, sconfinando rispetto alle mura di un’aula di formazione, e dando la possibilità alle persone di fruire di spunti e contenuti in modo continuo.

L’esperienza realizzata in Gruppo Montenegro ci aiuta a comprendere come tanti percorsi di sviluppo, che fino a poco tempo fa era impossibile immaginare a distanza, se adeguatamente gestiti e accompagnati, possono rivelarsi di successo. Anche e soprattutto nella loro forma digitale. E ci conferma che le persone a volte sono più pronte a sperimentare di quanto le aziende stesse ritengono possibile.

La domanda che possiamo dunque porci è: quanto siamo pronti a sperimentare nuove modalità per sfruttare al massimo le potenzialità delle tecnologie disponibili?

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Su quali competenze digitali e di cambiamento è necessario investire?

Favorire lo sviluppo di competenze digitali e di cambiamento è ormai la parola d’ordine in qualsiasi azienda: nell’era della digital transformation, evolvere diviene, infatti, sinonimo di sopravvivere.

Che la trasformazione digitale stia impattando sulle competenze richieste a tutti i livelli e in tutte le aree funzionali di un’organizzazione, viene evidenziato anche dall’Osservatorio delle Competenze Digitali, condotto nel 2018 dalle principali associazioni ICT in Italia – AICA, Anitec-Assinform, Assintel e Assinter Italia.

Quali sono le competenze digitali richieste?

Rispetto alle competenze digitali richieste, l’Osservatorio ha messo in luce l’importanza delle competenze applicate (utilizzo di strumenti e software nei processi operativi e decisionali), tecniche ICT (specialistiche, su soluzioni e piattaforme tecnologiche), di base (per l’uso quotidiano di strumenti informatici) e di brokeraggio informativo (utilizzo di strumenti informatici per lo scambio di informazioni e la comunicazione).

Nonostante alcune differenze riscontrate nei diversi settori, trasversalmente a questi e in tutte le funzioni aziendali, risultano imprescindibili competenze digitali non tanto volte alla creazione di applicazioni o alla gestione di sistemi, quanto piuttosto per l’utilizzo efficace: per comunicare, vendere, produrre, amministrare, gestire il personale, e così via. In questo senso, possedere competenze digital tecnico-specialistiche non è comunque sufficiente.

Le competenze trasversali nell’era della digital transformation

Innovazione tecnologica e digitalizzazione modificano e trasformano le professioni di sempre: la digital transformation non è solo fatta di tecnologie e processi, ma ha l’impatto di una vera e propria rivoluzione culturale!

Per questa ragione diviene fondamentale sviluppare competenze trasversali che facilitino l’accettazione di questa rivoluzione che cambierà letteralmente quel fastidioso “faccio così perché si è sempre fatto così”.

E se il cambiamento è inevitabile, diventa sempre più un fattore critico di successo il possesso di competenze soft legate alla gestione del cambiamento: flessibilità, adattamento al cambiamento, problem solving, pensiero creativo, gestione della complessità possono facilitare l’accettazione nonché l’adattamento alle trasformazioni in atto.

Pensiero analitico, pensiero critico, innovazione e creatività, iniziativa, risoluzione di problemi complessi, intelligenza emotiva, sono alcune delle competenze chiave di cui equipaggiarsi. Già ad oggi richieste, continueranno a essere rilevanti anche nei prossimi anni, secondo quanto riportato dal World Economico forum nel report “Future of Jobs”(WEF, 2018).

Chi deve sviluppare queste competenze?

L’impatto delle competenze digitali, così come delle competenze soft a supporto della rivoluzione digitale e culturale in corso, non riguarda unicamente le posizioni più operative; viceversa, anche nelle posizioni manageriali non è da sottovalutare!

Poiché è proprio il management che deve stimolare innovazione e cambiamento, capacità di “e-Leadership” e change management nei ruoli dirigenziali divengono fondamentali.

Sei interessato a valutare quanto queste competenze chiave siano già presenti in azienda e a cogliere il livello di “prontezza” alla rivoluzione digitale? Assessment Online ti consente di farlo in modo smart!

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Reskilling, in quale direzione andare?

Se è vero che il 40% delle nostre competenze necessiterà di un rinnovamento ogni 4 anni, chi si occuperà del reskilling per restare competitivi sul mercato del lavoro? I lavoratori oppure le organizzazioni come “sistemi di conoscenza”?

Per poter rispondere è necessario fare delle precisazioni e approfondimenti.

Le organizzazioni sono consumer o builder di conoscenze e competenze?

Potranno avere parte attiva se adotteranno un nuovo mindset, in cui la ricerca, l’approfondimento e lo sviluppo di competenze ed esperienze, dato un frame di indirizzo strategico, sono affidate a chi desidera e si impegna ad apprendere realmente.

Le organizzazioni saranno in grado di lasciare che i talenti si sviluppino da soli, occupandosi di chi non ha risorse motivazionali intrinseche per farlo o non ha sufficienti competenze e lungimiranza per comprendere i rischi che corre?

Prendersi cura delle risorse ha due risvolti: definire una strategia di crescita e affiancare chi non riesce autonomamente. In questo senso anche le competenze HR si spostano su due livelli: strategico e di supporto; possiamo finalmente abbandonare il presidio di processi volti alla cura dei talenti.

Platform: ci stiamo occupando di mettere a disposizione nuovi fattori abilitanti? Possiamo aspettare che le persone ci espongano le loro esigenza e ostacoli?

Ci sono modalità digitali disponibili che mettono le persone nelle condizioni di interagire in modo nuovo e di rivolgersi all’esterno, senza paura di aprirsi alle diversità, complessità e innovazione. Invece, se si continua a gestire solo i rischi perdiamo delle opportunità.

I gruppi di lavoro sono la dimensione ideali dove le competenze si trasferiscono per contaminazione, scambio, fiducia tra le persone.  Spesso dimentichiamo la loro portata e valore.

Ci occupiamo di team interfunzionali per rimediare ai danni della gerarchia, o li creiamo multidisciplinari perché portino le competenze necessarie all’obiettivo?

Ci perdiamo una grande occasione: il gruppo come entità di apprendimento non solo reciproco ma generatore di significati e facilitatore per l’apprendimento per le persone meno autonome.

L’individuo, da solo, cosa può apprendere? In quale direzione?

Qualcosa serve ora, qualcosa nel futuro. Affidarsi alla multidisciplinarietà sembra essere la strada migliore per essere pronti ad apprendere ancora.

Le persone all’interno delle organizzazioni sono come “regali incartati”: vanno scoperti per la loro potenzialità, varietà e, spesso, è interessante lasciare che ci sorprendano…

Caro HR sei pronto a tutto questo?

Se vuoi approfondire, leggi i prossimi articoli.

 

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